(20 ottobre 2010 …. a cura del Dott. Giuliano Sardella)
Confindustria di Udine ha emanato in data 07/10/10 delle indicazioni per la valutazione dei rischi connessi allo stress lavoro-correlato, nelle more dell’emanazione, da parte della Commissione consultiva permanente di cui all’art. 6 D.Lgs. 81/08, delle indicazioni necessarie per la valutazione del rischio. Le indicazioni fornite da Confindustria partono dalla interpretazione letterale dell’art. 28 comma 1, dalla quale risulta evidente come si faccia riferimento a rischi collegati allo stress lavoro-correlato e non a rischi di stress lavoro-correlato. Ciò, in quanto il legislatore non ha inteso identificare lo stress come un rischio in sé per sé da ridurre o eliminare, bensì come un fattore incidente sull’entità di altri rischi presenti negli ambienti di lavoro o nelle attività lavorative. Pertanto, si precisa, è improprio dire che è imposto ai datori di lavoro di effettuare la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, ma sarebbe più esatto dire che il processo di valutazione dei rischi tiene in considerazione anche lo stress lavoro-correlato, come fattore che va ad incidere sull’entità dei rischi già rilevati e valutati.
Per quanto riguarda i criteri metodologici da utilizzare per effettuare la valutazione del rischio, l’art. 28 D.Lgs. 81/08 rinvia a quelli contenuti nell’Accordo Europeo del’ 8/10/04, recepito dall’accordo interconfederale del 9/7/08, in attesa che vengano emanate le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente. Tale accordo costituisce allo stato attuale l’unico riferimento normativo cogente di cui tener conto nel processo valutativo, pur facendo salvo il principio secondo il quale la scelta dei criteri di redazione del DVR è rimessa al datore di lavoro e che tale scelta deve seguire principi di semplicità, brevità e comprensibilità. Il documento di Confindustria, pertanto, propone un percorso rispettoso dei contenuti dell’Accordo Europeo e fondato sul concetto che il problema “stress” ricade nella gestione generale del processo di valutazione del rischio e non necessariamente deve costituire argomentazione a sé stante. Inoltre, viene ribadito che nell’accordo Interconfederale è precisato che:
- Non tutti i luoghi di lavoro sono necessariamente interessati dallo stress;
- Il fattore stress deve essere individuato per gruppi di lavoratori e non a livello individuale;
- Nel processo valutativo non rientrano le violenze, le molestie e lo stress post-traumatico;
- Non tutte le manifestazioni di stress sono negative o collegate al lavoro e lo stress non è una malattia;
- Per la valutazione del rischio possono essere presi in considerazione indicatori di tipo sia oggettivo che soggettivo.
Alla luce delle indicazioni fornite dall’accordo Europeo, si dovrà tener conto dello stress derivante dall’attività lavorativa, dalle condizioni ambientali del posto di lavoro e da un’organizzazione del lavoro tale da creare sensazioni di inadeguatezza nei lavoratori che, a lungo andare, possono incidere negativamente sull’entità dei rischi presenti. Rimane escluso dal processo valutativo lo stress non dipendente dall’attività lavorativa, salvo che non comporti ulteriori rischi. In tal caso, infatti, essi non possono essere ignorati e vanno affrontati singolarmente e non nell’ambito della valutazione del rischio. In conclusione, il datore di lavoro deve considerare la presenza di fattori stressogeni strettamente connessi al lavoro e non derivanti da cause soggettive esterne, sulle quali l’azienda non può interferire né intervenire con l’attuazione di misure di prevenzione.
Il percorso valutativo proposto si articola come di seguito decritto:
si parte dall’individuazione delle mansioni per gruppi omogenei: le mansioni individuate nell’ambito della valutazione di tutti i rischi saranno considerate “gruppi omogenei” anche con riferimento alla presenza del fattore stress lavoro-correlato, escludendo indagini di tipo individuale sui soggetti. Una volta individuate le mansioni, è necessario procedere all’individuazione dei pericoli (fattori stressogeni), che vanno ricercati negli ambienti e nell’organizzazione del lavoro.
In dettaglio, per ogni mansione, si devono considerare:
- le condizioni ambientali del posto di lavoro ed in particolare la presenza di: rumore elevato, scarsa illuminazione, vibrazioni, microclima sfavorevole, ecc… Ovviamente, vanno considerate come possibili cause di stress solo i rischi valutati già in precedenza come rilevanti e non di livello basso;
- l’organizzazione del lavoro (presenza di lavoro su turni, lavoro notturno, frequenti spostamenti fuori dall’azienda, ecc…), l’organizzazione aziendale, la presenza di lavorazioni monotone e ripetitive o connotate da rapporti con il pubblico per erogazioni di servizi, presenze di reclami, ecc…;
- degli effetti che lo stress può avere qualora sia causa o concausa di infortuni o malattie professionali (monitoraggio dell’andamento infortunistico, del livello di assenteismo, del grado di turnover, delle contestazioni eventualmente avanzate dai lavoratori e dai RLS, eventuali richieste di visite mediche integrative e/o aggiuntive da parte dei lavoratori appartenenti alla specifica mansione oggetto della valutazione).
È preferibile che al processo di ricerca e monitoraggio partecipino la funzione gestione del personale e il medico competente, al fine di poter quantificare la probabilità della sussistenza di pericolo di stress.
Il documento propone anche una scheda opportunamente predisposta per eseguire tali indagini e delle note esplicative per l’analisi dei dati ricavati. L’eventuale presenza del pericolo stress lavoro-correlato va valutata come elemento determinante e incrementale dei fattori di rischio generali connessi all’attività lavorativa e non è indispensabile quantificarla numericamente. Infatti, il solo accertamento di una probabile presenza è sufficiente a determinare la necessità che il datore di lavoro adotti le misure idonee per una riduzione della probabilità stessa. Le misure dovranno essere pianificate e attuate coinvolgendo i lavoratori e il SPP e tendere ad eliminare o contenere i fattori stressogeni. Esse possono essere: erogazione di specifiche attività formative per i lavoratori, miglioramento della comunicazione interna e della gestione delle attività in genere, ecc… Tra le misure poste in essere si dovrà prevedere, altresì, la rivalutazione periodica del rischio che, comunque, dovrà essere eseguita nei casi previsti dall’art. 29 comma 3 del D.Lgs 81/08 e s.m.i.